Visione

Comunicazione analogica e digitale
Spesso si vuole ignorare che la comunicazione digitale sia prima di tutto comunicazione. L'aspetto digitale è rilevante solo in relazione ai criteri strutturali in base ai quali si organizza la comunicazione. La cosiddetta comunicazione digitale è soprattutto, e sempre di più, analogica.

Partiamo dalla teoria. Ritengo necessario dissipare l'ambiguità di fondo sulla comunicazione digitale ed analogica. Se scrivo “gatto”, posso comunicare solo con chi conosce determinati codici: l'alfabeto latino e le convenzioni semantiche della lingua italiana. Chi legge attua una doppia decodifica, in tempo reale: questa è comunicazione digitale. Se mostro la fotografia di un gatto, chi osserva può ignorare l'alfabeto latino, parlare un'altra lingua od essere analfabeta: è sufficiente avere visto altri gatti in precedenza per identificarne l'analogia in un tempo che, ci dicono essere, migliaia di volte più veloce rispetto alla lettura. Sì, la comunicazione analogica è questa. È comunque utile sottolineare che leggere un libro sia una esperienza ben più digitale che non guardare gattini su Facebook. Sappiamo che ormai i contenuti visivi sul web hanno preso il sopravvento su quelli testuali. Che il cervello umano preferisca le immagini lo sappiamo da quando eravamo bambini. Oggi se ne sono accorti anche gli esperti di marketing supportati da una spropositata mole di dati statistici: il marketing diventa visivo. I media digitali non solo hanno ridotto la comunicazione digitale ma stanno anche riducendo la propensione a comunicare in modo digitale. Parallelamente alla diminuzione dell'analfabetismo digitale cresce analfabetismo funzionale. Molti hanno gravi difficoltà nell'eseguire semplici calcoli matematici, nello scrivere un testo strutturato, nel leggere un regolamento o il bugiardino di un farmaco. La diminuita capacità di codificare e decodificare si ripercuote anche sulla possibilità di strutturare un pensiero critico, ed infine, ad esempio, si finisce votare “di pancia” o credere alle fake news.

Arriviamo alla pratica. La gran parte degli operatori nell’ambito della comunicazione digitale si divide in due categorie: quelli di formazione prettamente tecnica e quelli di formazione umanistica. Questa eventualità mi fa pensare ad una nota barzelletta sui carabinieri che, si diceva, pattugliassero in coppia perché uno sapeva scrivere e l'altro sapeva leggere. Queste due anime della comunicazione digitale hanno consistenti problemi nel comunicare tra loro perché fondamentalmente parlano linguaggi diversi. Ancora più divertente è considerare che questo non è un problema, perché di solito l'obiettivo non è comunicare bene ma rispondere alle richieste del mercato e mantenersi aggiornati sulle tendenze e le tecnologie mainstream che, in questo settore, mutano a velocità sostenuta. Veniamo dunque al terzo protagonista di questo teatrino: il cliente, privato o pubblico. Quanti sono, nelle aziende italiane, gli addetti al marketing professionalmente preparati per fare le giuste richieste al fornitore? Maledettamente pochi e, in molti casi, senza voce in capitolo, perché le decisioni vengono prese da chi in azienda rappresenta la proprietà. Sì, c'è difficoltà anche a comunicare con il cliente, anche nei casi in cui non sia affetto da analfabetismo funzionale. Hanno problemi a comunicare tra loro, problemi a comunicare col cliente e spesso scarso interesse a comunicare al pubblico. In compenso capita si facciano chiamare “agenzie di comunicazione”. Nella società capitalista il fine di una impresa è il profitto e non c’è niente di male se molte agenzie lavorano con lo scopo di incrementare il fatturato. Per ottenere risultati apprezzabili, di solito, è sufficiente spazzare tutta la polvere della comunicazione disfunzionale sotto un bel tappeto di contenuti emozionali. Non sorprende che ci capiti ogni giorno di accedere a siti web in cui la stessa consultazione si riveli ostica. Spesso si tratta di siti web attraenti ma con una struttura inadatta a comunicare i prodotti e i servizi presentati. Non è nemmeno infrequente l’incapacità di veicolare i valori del brand.

Mi sono limitato ad esporre un paio di premesse sulla teoria e la pratica della comunicazione digitale. Ritengo corretto che ognuno possa trarre le conclusioni derivanti dalla sua sensibilità ed esperienza.

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DAL 1995

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