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Se sei bravo a cucinare difficilmente ti considereranno un cuoco. Se hai la passione per la fotografia e ti capita di fotografare per lavoro non sarai considerato un fotografo. Sei un fotografo se la fotografia è la tua attività primaria. Le passioni in generale non si identificano con le professioni. Diversamente la maggior parte di maschi italiani dovrebbero essere ginecologi. Allo stesso modo il pollice verde non fa di te un agricoltore. A me è però capitato, poco prima dei trent'anni, di essere colto da passione per la programmazione. In quell'occasione, per qualche motivo, sono immediatamente diventato un programmatore. Ho, in breve, percepito, che non si trattasse di una passione socialmente accettata. Eppure dal mio punto di vista si trattava di un gioco basato su principi logico-matematici come buona parte di quelli presenti sulla “Settimana Enigmistica”. Non era possibile che io mi divertissi in quel modo e quindi l'unica spiegazione era che io volessi cambiare mestiere. Effettivamente questa passione è entrata a far parte delle mia professione ma non ne è mai stata l'elemento principale. Si è sempre trattato di una competenza come altre. Non c'è stato verso di spiegarlo. Il passo successivo ha comportato un irrigidimento della mia classificazione sociale, del genere: “Tu queste cose non le puoi capire perché sei un programmatore”. Ovviamente si trattava di argomenti che prima di essere classificato come programmatore era previsto che fossero nella gamma dello scibile di mia comprensione. Ho anche notato che le persone con una più spiccata propensione a questi atteggiamenti tendevano, con opportunismo, a voler trarre un vantaggio dall’applicazione di questi pregiudizi. Su questi ultimi mi sono interrogato e sono giunto alla figura del “nerd”, scoprendo che è effettivamente soggetta a pregiudizi e tendenzialmente isolata. Tant'è che esistono manifestazioni che si chiamano “nerd pride” e siti dedicati come “leganerd.com”.